Se immaginate un investigatore privato aggirarsi furtivo con soprabito e cappello, siete fuori strada. Di un bel po’. Il nuovo «True Detective» (come Ani Bezzerides, aka Rachel McAdams, nella seconda serie della celebre serie TV al fianco di Collin Farrel e nella Gallery trovi altre protagoniste) è donna, «tosta», colta e spigliata. A confermalo è un’agenzia investigativa, avviata nel 2014 a Milano dalle sorelle Valentina e Simona Tarricone (figlie d’arte: papà Aldo era uno dei più noti investigatori italiani).
Si chiama FirstNet e si occupa di tutti i settori dell’investigazione e della security: dalla protezione di marchi e brevetti, dai «furbetti del cartellino» ai casi di stalking, infedeltà, violenza domestica e varie. Al telefono con Valentina, che dirige la società, cerchiamo di capire di più di questa insolita e fascinosa professione e cosa bisogna fare per diventare un «true detective» con licenza.
Film e serie Tv suggeriscono uno stereotipo di investigatrice donna «tosta» con percorsi interiori molto travagliati. È davvero così?
«Mi piace la definizione “tosta”, perché in questo lavoro devi essere preparata ad affrontare situazioni rischiose. Aiuta l’avere un carattere estroverso e dinamico, ma, in generale, lasciamo i trascorsi “travagliati” alle finction. L’unico background in comune agli investigatori, fino a non molto tempo fa, era l’appartenenza alle forze dell’ordine. Nel senso che numerosi detective erano ex poliziotti. Oggi è diverso: la normativa sulla licenza ha diversificato l’accesso alla professione».
Nel caso si voglia intraprendere la professione, che cosa consiglia di studiare, oppure di fare?
«Io sono avvocato e anche mia sorella, amministratore della società, ha studiato giurisprudenza. È un ipotesi di percorso e lo stesso dicasi per una laurea in diritto forense. Conoscere la legislazione è indispensabile per gestire una agenzia: devi sapere in cosa consiste un licenziamento per giusta causa, cos’è un comportamento reiterato, etc. Anche per questo la formazione continua è importante. E poi ci sono i corsi delle Università in Scienze dell’Investigazione e Criminologia. Se prima arrivare dalle forze dell’ordine era la consuetudine, oggi molti collaboratori approdano in agenzia dopo l’Università. In ogni caso la professione è molto regolamentata. Per ottenere la licenza di investigatore bisogna, dopo il percorso formativo scolastico, fare un tirocinio con regolare contratto in un’agenzia investigativa per 3 anni e superato il quale si può partecipare a dei corsi di perfezionamento tenuti da strutture riconosciute. Solo a quel punto si ottiene l’agognata licenza».
Un percorso molto lungo: ci vuole parecchia motivazione!
«Si. È un lavoro per il quale devi essere predisposto. Per quanto ci riguarda cerchiamo da subito di testare la motivazione di ciascun candidato tentando di scoraggiare gli eventuali aspiranti, dicendogli subito cosa gli aspetta: si sta in mezzo alla strada, magari di notte, freddo, caldo, pioggia o neve e non puoi mangiare o banalmente consultare il telefono. Riceviamo tantissimi curricula di gente ispirata dal cinema e dalla letteratura, ma la realtà è ben più noiosa, fatta di appostamenti, pedinamenti e osservazione».
Come opera un investigatore nel pratico?
«Dicevo che appostamenti e pedinamenti sono la base, ma c’è anche una lunga procedura di preparazione. Dopo il colloquio, si passa alla fase di studio e analisi: dove e quando agire. Se possiamo farlo noi o è di competenza delle forze dell’ordine. Poi si parte con i primi giorni di appostamento dove però l’operatività può variare da un momento all’altro, perché spesso le buone intenzioni vengono disattese da alcune variabili impreviste. In questo senso i ragazzi devono essere bravi a cambiare posizione o agire diversamente dal previsto. Certo poi la tecnologia aiuta parecchio: gps e social network: Facebook e Instagram. Questi ultimi sono una manna per noi».
Un investigatore con licenza, fatto e finito, guadagna bene?
«Sicuramente si. Primo perché è un lavoro oneroso, si lavora sempre, sopratutto nei festivi e in orario notturno. E poi si fanno tante trasferte e lo stipendio lievita con l’indennità».
Ha aperto la FirsNet con sua sorella, diventando poi una società con all’attivo numerosi collaboratori. Di lavoro ce ne parecchio. Quali sono i casi di routine?
«Almeno il 70% dei casi riguardano la tutela del patrimonio aziendale: concorrenza sleale e assenteismo, per la maggior parte. Un evergreen sono i casi di tradimento che si concentrano però sopratutto d’estate. E stanno aumentando, nostro malgrado, casi di controllo minori: sono tanti i genitori che quando sospettano qualcosa ci chiamano per intervenire».
Immagino capiti anche qualche caso più strano, meno stereotipato…
«Anche questi sono tanti. Nei tradimenti vedi le persone destreggiarsi in modi assurdi per vedere l’amante. Poi magari si scopre che non c’è un solo amante, ma due o addirittura tre. Sembra assurdo, ma ci capita. Il momento più brutto e quando devi fare la consegna di un lavoro che si rivela essere più complicato di quello che è. In questi casi consigliamo alla persona che ci ha dato l’incarico di venire accompagnata da un amico. E non scendiamo troppo sui particolari».
Nella vostra agenzia ci sono quasi tutte collaboratrici femminili. Una donna in questo mestiere quali vantaggi ha rispetto a un uomo?
«Sicuramente il primo vantaggio è che una ragazza è più insospettabile. Difficilmente associ la figura di un investigatore ad una donna. Da meno nell’occhio e questo assicura una copertura maggiore, soprattutto nei casi più rischiosi. Poi, sembra banale, ma abbiamo un intuito più sviluppato: siamo più brave a costruire intrighi e non fermarci alle apparenze, sopratutto nei tradimenti. Quando visioniamo dei filmati per esempio, una ragazza riesce a cogliere uno sguardo d’intesa, che un uomo difficilmente coglie».
I maschi in che cosa sono più bravi?
«Anche questo può essere uno stereotipo, confermato dalle dovute eccezioni, ma i ragazzi sono più bravi a guidare automobili e motociclette. E poi ascoltano più me che sono una donna. Sono più ricettivi per i consigli,invece le ragazze vogliono spesso fare di testa loro».