Separazione e assegnazione della casa coniugale
L’assegnazione della casa coniugale ha come unico scopo la tutela dei figli, non quello di sostenere il coniuge economicamente più debole.
Nel caso di una separazione consensuale, i coniugi decidono a chi andrà la casa, sia essa cointestata o di proprietà di uno dei due.
Nel caso invece di separazione giudiziale, poiché non si è giunti ad un accordo tra i coniugi, il giudice, a seguito di un regolare processo, decide l’assegnazione dell’abitazione.
Se la moglie ottiene la collocazione dei figli, la casa, anche se di proprietà del marito, spetterà a lei.
Quando i figli si trasferiranno o acquisiranno l’indipendenza economica, il diritto cesserà.
Lo scopo dell’assegnazione è infatti quello di tutelare i figli, in modo che non subiscano altri danni oltre ai traumi derivanti dalla separazione.
In una coppia senza figli la casa coniugale resta al proprietario, anche se l’altro/a non dovesse avere redditi per sostenersi.
Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso in cui l’assegnatario cessi di abitarvi stabilmente o intraprenda una convivenza more uxorio o contragga un nuovo matrimonio, sempre che la disposizione non contrasti l’interesse del minore che vive con l’assegnatario.
La Corte Costituzionale determina ogni decisione nell’interesse della prole, ribaltando un orientamento giurisprudenziale datato, che attribuiva all’assegnazione una funzione di sostegno del reddito in favore del coniuge economicamente più debole.
Oggi, secondo la Cassazione, l’assegnazione dev’essere finalizzata solo e soltanto alla tutela dei figli, consentendo loro di permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti.
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